martedì 23 febbraio 2010

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Senza pretendere di fare un totale esatto (non merita lo sforzo) a occhio e croce hanno votato per i baccalà di Sanremo condotti dalla balia nazionale qui travestita da cernia, un milione e mezzo di italiani. A 75 centesimi per voto, che sarebbero 1.500 lire del “vecchio conio”, secondo la formula cara al noto piazzista di caffè paradisiaci, fa un milione di Euro. Hep! Ora, è chiaro che questi televoti sono più fasulli della vittoria del senatore del Pdl eletto dalle ‘ndrine e che il 90% dei voti sono puri investimenti delle mafiette dello spettacolo attraverso i loro zombie da sms, ma qualche pirla che ha pagato davvero i 75 centesimi di tasca propria per votare la Filiberta (chi è di Milano forse capirà) di Savoia, quello che parla di “par CONDITION”, o il tremulo somarino sardo, magari più volte, ci deve essere stato. Il solo pensiero della signora Cesira o del signor Agenore che nel loro bilocale illuminato dalla luce livida del televisore, dopo avere fatto la spesa alla mattina cercando disperatamente di risparmiare sulle melanzane e sul pecorino, diteggiano un sms sul telefonino per buttare 75 centesimi mi rende profondamente pessimista sul Futuro della Amata Patria. Si prega di non rispondere “io non guardo Sanremo dal 1861 quando Nilla Pizzi diventò maggiorenne”. Sanremo è come Berlusconi. Pochissimi ammettono di votarlo, però vince. I numeri, cari i miei snob, hanno sempre ragione, in guerra e in pace. Ricordarsene quando si andrà a votare a fine marzo. “Dio sta dalla parte dei reggimenti che hanno più cannoni”, diceva il Brunetta della Corsica.


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