lunedì 2 novembre 2009

La certezza della pena e l'incertezza in carcere

Cucchi muore per “essere caduto dalle scale” del carcere dove era stato rinchiuso per possesso di sostanze stupefacenti, quella cocaina che vediamo volare allegramente nelle feste dei vip, da Roma a Milano alla Sardegna, con condimento di veline, prostitute di vari sesso, minorenni, leccapiedi, truffatori e ruffiani assortiti, senza che nessuno cada mai dalle scale. La brigatista Blefari muore suicida, impiccandosi, molto prevedibilmente. Due che si aggiungono ai vari casi di detenuti che muoino per cause non accertate, curiosa definizione per qualcuno che ha la proprIa esistenza “accertata” ogni giorno dalla propria condizione di recluso. Non sapevo che in Italia fosse stata reintrodotta la pena capitale, senza avvertirci. Sarebbe il caso di ricordare che il sistema carcerario e’ uno dei rivelatori piu’ eloquenti e onesti del livello di civilta’ di una nazione e non credo di dover ricordare i gulag e i lager e i Piombi e le Ville Tristi per dimostrare questa semplice verita’. Dalla nazione di Beccaria stiamo diventando la terra dei becchini. E costruire piu’ carceri, se questa e’ la situazione, non risolve, al contrario moltiplica, l’indecenza di uno Stato che non sa prendersi cura di coloro che sono a esso totalmente affidati per essere detenuti, non uccisi. Prima della certezza della pena, slogan con il quale si fanno gargarismi demagogici, deve venire la certezza di non cadere dalle scale o di non mettere la testa in un nodo scorsoio.

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