sabato 28 novembre 2009

Il razzismo delle mele marce (purtroppo non poche)

razzismo
Dopo anni e anni di pietose menzogne diffuse specialmente dai salmodianti chierichetti delle televisioni sulle “poche mele marce” negli stadi, sulle “piccole minoranze di imbecilli”, sul “popolo italiano che non è razzista”, il virus del razzismo mutato ormai in politica, divenuto sindaco e assessere in tante città, eletto in Parlamento, accolto negli studi della Rai e delle tv private con piena legittimità, mandato al Parlamento Europeo, nominato ministro, si sta non già diffondendo, ma rivelandosi in tutto il proprio radicamento profondo nelle budella della società italiana. Fino a quando non avremo il coraggio di ammetterlo, di dire che quelle “poche mele marce” hanno interi e rigogliosi frutteti alle spalle, che idee come il Bianco Natale o le carrozze di tram riservate ai milanesi non sono “stronzate” occasionali di un leghista ciucco, ma sintomi gravi, continueremo a peggiorare. Gli italiani non sono improvvisamente diventati razzisti. I razzisti e gli xenofobi italiani hanno semplicemente trovato chi li rappresenta e chi offre loro voce, copertura e apparente dignità politica politica. Si sentono, giustamente, sempre più forti. E non saranno le patetiche iniziative “politically correct” del pallone, con la sua immensa coda di paglia (qualcuno ricorda gli striscioni in “onore alla tigre Arkan” all’Olimpico di Roma?) a stroncarlo.

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