giovedì 30 aprile 2009

Eunuchi, Puttane e Giornalisti di Scuderia

Impressionante leggere i quotidiani, i blog, gli aggregatori, i maggiordomi e gli stallieri della Scuderia Berlusconi, e vedere come gli eunuchi dell’harem siano stati mobilitati e siano insorti spontaneamente per coprire di insulti la signora Miriam Bertolini in Berlusconi, descrivendola, secondo i vari stili giornalisti, dal genere “scritte sulle pareti dei gabinetti della scuola Giorgina è una puttana” a quelli “neo snob” che fanno lo stesso servizio con più eleganza formale e arie intellettuali, come una pazza, un’isterica, una donnetta da borsettate in testa, una bisbetica indomata, una casalinga disperata e una sciantosa da avaspettacolo che non esitava a spogliarsi sul palcoscenico, Proto Velina Velinarum. Per chi è meno giovane, queste mobiitazioni di massa per far quadrato attorno al “papi” di tutto di loro, ricordano con un brivido quegli avvisi sulla prima pagina dell’Unità anni ‘50 a “tutti i compagni” perchè si presentassero in Parlamento “senza eccezione alcuna”. Non è un caso se tanti giornalistii, parlamentari, ideologhi e fiancheggiatori di “papino” (traduzione trasteverina: “a chi me dà da magnà, je dico babbo”) vengano dalle scuola del partito comunista alle Frattocchie. Specialmente tristi queli che fingono di “fare la fronda” (tipico espediente e tipica espressione da regime) e poi, nei momenti decisivi, li ritrovi tutti coperti e allineati come reclute in una base di Marines dietro il sergente istruttore. La reazione inviperita segnala, meglio di ogni altra cosa, quando sensibile e vulnerabile sia il “Nostro Padre Affettuoso e Grande Leader” sul fronte dei comportamenti privati, quelli che sbatte in faccia agli elettori quando chiede voti in belle foto a colori su carta patinata ostentando i figli (legittimi) e poi pretende di chiudere nella discrezione quando creano imbarazzi e smascherano l’ipocrisia.

SQUALLORE : sottotitolo, ma che cazzo succede in Italia?

Abbiamo risalito il corso del fiume della storia che sembrava avesse ricominciato a scorrere il 25 aprile del 1945 dopo il lungo gelo d’inverno. Siamo arrivati sessant’ anni dopo alla sorgente della nuova acqua, quella che domani scenderà a valle per dissetare le nostre figlie e nipoti, e abbiamo trovato le scorie del nostro fallimento, come la sporcizia sulla spiaggia dopo un pic nic di famigliacce. Un filo da tirare nel sedere di una povera ragazzina che chiama il capo del governo italiano “papino”. Le cartacce delle merendine e le cartine di plastica dell’elemosina ai poveri. Un principino senza dignità che porta il nome solenne per il quale furono riempiti i cimiteri di guerra italiani. I reality e l’audience. I cialtroni troppo brutti e le cialtrone troppo belle. Le mantenute dei gerarchi, che si offrono in cambio di una particina in un serial tv. I sultani devoti al Beato Viagra che baciano l’anello del cardinale che li benedice. Il buio che ci avvolge e ci sembra luce, mentre è soltanto il baluginare bluastro di un televisore nella solitudine vuota di una sera italiana. Lo squallore. Lo squallore di tutto ciò.

domenica 26 aprile 2009

Clandestini : Dove finisce la nostra pieta` ?

CAMBIANO i tempi. Ma gli immigrati non si fermano. Nonostante governino forze politiche inflessibili e "cattive": gli stranieri continuano ad arrivare. Da est e da sud. Per terra e soprattutto per mare. Con ogni mezzo. Barche, barchini, barconi e gommoni. Partono in tanti. Ogni giorno. Uomini, donne e bambini. E in molti non arrivano. Quel piccolo pezzo di mare che separa l'Africa dalla Sicilia è un cimitero dove giacciono un numero imprecisato di imbarcazioni e migliaia di persone. Gli stranieri continuano ad arrivare. Da est e da sud. Per terra e soprattutto per mare. Con ogni mezzo. Barche, barchini, barconi e gommoni.

Partono in tanti. Ogni giorno. Uomini, donne e bambini. E in molti non arrivano. Quel piccolo pezzo di mare che separa l'Africa dalla Sicilia è un cimitero dove giacciono un numero imprecisato di imbarcazioni e migliaia di persone. Persone? Per definirle tali dovremmo "percepirle". Invece non esistono. Sono "clandestini" quando si mettono in viaggio e quando riescono ad entrare nei paesi di destinazione. Ma anche quando vengono ammassati nei Cpa. Migranti perenni. Non riescono a trovare una nuova sistemazione - stabile e riconosciuta - ma non possono neppure tornare indietro.

Come i 140 stranieri raccolti e trasportati dal cargo Pinar. Rimpallati fra l'Italia - che alla fine li ha accettati - e Malta. Indisponibile. Perché la fuga dall'Africa e dall'Asia, come l'esodo dai paesi dell'est europeo, spaventa tutti i paesi ricchi. Non solo noi. La vecchia Europa vorrebbe diventare fortezza. Trasformare il Mediterraneo in un canale inaccessibile. A cui mancano i coccodrilli, ma non gli squali. Eppure, nonostante la politica della fermezza, la tolleranza-meno-uno, i Cpa e migliaia di espulsioni gli sbarchi non si fermano. Gli sbarchi proseguono senza sosta. Da gennaio ad oggi: oltre seimila. Il doppio rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Che già aveva segnato il livello più alto della nostra storia di immigrazione. Breve e travolgente. Nel 2008 erano sbarcati sulle nostre coste 37mila stranieri. Quasi il doppio del 2007. Difficile non nutrire dubbi sulla produttività delle nostre politiche e della nostra politica. Anche se l'attuale maggioranza di governo ha vinto le elezioni promettendo di fermare gli stranieri. Di bloccare l'invasione. Con le buone ma soprattutto con le cattive.

Propositi chiari ma, fin qui, inattuati. Semplicemente perché inattuabili. Quando a migliaia intraprendono il viaggio sulle carrette del mare, stipati come animali. Come i disperati del Pinar. Dietro alle spalle le storie terribili raccontate da Francesco Viviano, su queste pagine, nei giorni scorsi. In fuga da persecuzioni, conflitti etnici. Dalla fame. Disposti a tutto. A ogni costo. Come la ragazza annegata con il suo bimbo in grembo, nelle acque davanti a Malta.

Questa emigrazione è una tragedia senza fine. Che, tuttavia, non ci commuove. Anzi, suscita perlopiù distacco e ripulsa. Difficile non cogliere la differenza con l'onda emotiva e la solidarietà sollevate dalla catastrofe in Abruzzo. Ma noi riusciamo a provare pietà e solidarietà solo quando le tragedie accadono sotto i nostri occhi. Quando i media le illuminano, minuto per minuto, luogo per luogo, in modo quasi compiaciuto. Quando la politica le accompagna e le segue da vicino. Perché si tratta della "nostra" gente. Allora ci emozioniamo.

Gli "altri", invece, non hanno volto. Le loro tragedie non hanno quasi mai le aperture dei tigì. Gli sbarchi vengono raccontati come una calamità. Per noi. E a nessuno, comunque, verrebbe in mente di organizzare un G8 a Lampedusa. Non solo per ragioni logistiche.
Naturalmente, si tratta di considerazioni che possono apparire "buoniste", fradice di retorica. E con la retorica non si risolvono i problemi. Non si proteggono le città insicure. I cittadini minacciati dalla nuova criminalità etnica, dai clandestini che affollano le periferie.

D'altronde, in pochi anni siamo diventati un paese di grande immigrazione. Quasi come la Francia e la Germania. Fino a ieri eravamo noi, italiani, a disperderci nel mondo, a milioni, per fuggire la miseria. Ora invece ci sembra che il mondo si stia rovesciando su di noi. E questo mondo è troppo grande per stare dentro a casa nostra, dentro alla nostra testa. Noi non siamo in grado di controllarlo né di comprenderlo. Non ci riusciamo noi. Ma non ci riescono, soprattutto, i poteri economici e finanziari, le istituzioni di governo. In balia dei collassi delle banche e delle borse, delle guerre, del terrorismo, delle epidemie.

La politica. Non riesce a difenderci ma neppure a spiegarci ciò che avviene. E rinuncia a contrastare le nostre paure. Anzi, complici i media, le enfatizza. Inventa muri e confini che non esistono. Promette di chiudere i nostri mari, di sbarrare le frontiere. Promette di difenderci, a casa nostra, dagli stranieri che si insinuano nei nostri quartieri. Ricorrendo a iniziative a bassa efficacia pratica e a elevato impatto simbolico. Come le ronde. I volontari della sicurezza locale. Dovrebbero esercitare il controllo sul territorio un tempo affidato alle reti di vicinato, alla vita di quartiere, alla presenza quotidiana delle persone. Rimpiazzando una società locale che non c'è più. La politica. Promette di difendere la nostra identità, la nostra religione, la nostra cultura, la nostra cucina. E per questo combatte contro la costruzione di moschee. Oppure lancia battaglie gastroculturali. Contro i cibi consumati per strada. Anzitutto e soprattutto: contro il kebab. Insieme alle moschee: icona dell'islamizzazione presunta del nostro paesaggio e della nostra vita quotidiana.

La politica e le politiche usate come placebo. Per rassicurare senza garantire sicurezza. Per guadagnare voti e consenso. La Lega, secondo i sondaggi, sembra essere riuscita a superare i confini del Nord padano e ad espandersi nelle regioni dell'Italia centrale. Tradizionalmente di sinistra. Ma la retorica della "protezione dal mondo", la costruzione della paura: non riguardano solo la Lega. E neppure la destra. Perché gli stranieri possono "servire", politicamente e culturalmente, ma tanto in quanto le distanze fra noi e loro sono visibili e marcate. Tanto in quanto restano stranieri. Oggi, domani. Sempre. Lontani e diversi. In questo modo ci permettono di ritrovare noi stessi. Di ricostruire - artificialmente, per opposizione e paura - la nostra identità e la nostra comunità perduta. A condizione di fingere: che le nostre frontiere immaginarie, i nostri muri emotivi possano arrestare l'onda degli stranieri. A condizione di non vedere. Diventare ciechi e cinici. Perdere gli occhi e il cuore.

sabato 25 aprile 2009

Verso le Elezioni Europee . . . .

Qualcuno si indigna e si spettina per la presenza di letteronze, veline, troniste e soubrettone assortite come questa,
arruolate per le Europee camillaar.jpg
dall’ Impresario Berlusconi Silvio che le ha tenute paternamente sulle ginocchia e forma governi e liste elettorali per il PDL come fossero compagnie di rivista. Ma dovremmo scandalizzarci per una soubrettina sculettante quando ci sono in lista personaggi come Clemente Mastella? Siamo onesti. Tra i poltronisti e le troniste, in questo tempo di politica avanspettacolo dove anche una tragedia nazionale è occasione per uno show, meglio le troniste. Fanno meno danni e sono più pudiche di certi orrori in grisaglia.

giovedì 23 aprile 2009

G8 : Abruzzo Reality Show ! ! !

Berlusconi il Grande Produttore metterà in scena il G8 (evento comunque da anni del tutto inutile) nello “Studio Abruzzo”, usando rovine, sfollati, bambini, vecchi, immancabili gruppi folkloristici che offriranno danze e doni agli illustri ospiti, come scenografia e come figuranti gratuiti per uno show in stile Fattoria, Grande Fratello o Isola dei Famosi. Ci sono anche i Survivors veri, che reciteranno gratis. Tutto, nell’universo Silviano, è show business e ha ragione lui, perchè i cittadini sono ormai soprattuto consumatori di intrattenimento e la democrazia è soltanto fatta di “rating” e di “audience”. Arriveremo alle elezioni con voto per telefonino, come a Ballando con le Stelle o a SanRemo.

Crociate a Milano . . . .

Per continuare la crociata finalmente intrapresa contro la minaccia islamica e liberare i marciapiedi milanesi dal kebab, in attesa di liberare il Santo Sepolcro a colpi di luganega, il consiglio comunale di Milano dovrebbe probire prossimamente anche la vendita del cous-cous, rendere illegale l’uvetta, (lo “zabib” arabo divenuto zibibbo), vietare l’insegnamento della al-jabr, (conosciuta e maledetta da milioni di studenti anche come algebra) e costringere l’infedele Muntari dell’Inter a recitare il Credo degli Apostoli dopo ogni gol, ’ste facce di tolla.

giovedì 9 aprile 2009

Noi Fessi - Alle Europee

Ovviamente ha ragione chi nota, come fa anche Beppe Severgnini, che le candidature dei partiti italiani alle Europee sono nauseabonde, ancor più rivoltanti delle liste di nani, cortigiani, residuati e ballerine presentati alle politiche e che queste elezioni saranno una sorta di sondaggione ufficiale a spese nostre che i vincitori ci sventoleranno in faccia come l’incoronazione del nuovo Sacro Romano Imperatore, ma proprio questo io voterò. Visto che nessuno, in tutte le nazioni nelle quali ho vissuto e in tutte le elezioni che ho seguito o alle quali ho votato, mi ha mai chiesto di partecipare a un sondaggio, riservato a misteriose tribù di mille o duemile “campioni” chiuse in lontane riserve, nè per le lamette da barba, per i detersivi o per la politica, non perderò l’occasione. Se i sondaggi ormai sono il surrogato della democrazia, meglio combattere con la nausea che arrendersi con un sorrisetto da autentici fessi che si credono furbi.

mercoledì 8 aprile 2009

Tutti Ladri, Nessun Ladro

Attenzione a quando si sentono personaggi di governo dire compuntamente che “tutti abbiamo responsabilità” in questa o quella tragedia. E’ il solito tentativo, di indimenticabile ideazione craxiana, del “siamo tutti ladri quindi nessuno è ladro”. Non è vero. Responsabilità esistono, per il passato e per il presente e per il futuro, con progetti concepiti ora, come per esempio un ponte previsto a cavallo di due tra le zone sismiche più rischiose d’Italia, la Calabria e la Sicilia. Poi non andate a dire agli italiani che “tutti abbiamo responsabilità” quando un treno finirà in mare.

martedì 7 aprile 2009

Morire per il Tg1

Credevo di essere matto io a essere rimasto sbigottito davanti al TGUno delle 13:30, di martedì, che ha chiuso mezz’ora di pianti, rovine e chiacchiere alla fine tutte identiche leggendo le cifre trionfali degli ascolti, registrate grazie al terremoto, poi ho visto che Leo Coen sul suo blog da Mosca ha avuto la stessa reazione. Ma chi sono questi mentecatti accecati dalla vanità che si vantano - si vantano - di avere fatto semplicemente il loro dovere di giornalisti del servizio pubblico, rpt, pubblico, e confondono l’ansia di milioni di loro proprietari - gli abbonati - che giustamente si sintonizzano sulla loro informazione visto che le altre reti commerciali non hanno alcun dovere di fare dirette continue o speciali, come se fosse il successo di un telefilm o di un varietà? In Abruzzo sarebbero morti per permettere al direttore alla sua redazione di pavoneggiarsi? Have you no sense of decency, sir?