mercoledì 28 aprile 2010

Milanon Milanin

Per ottenere dai Gauleiter del Nord l’autorizzazione ad aprire un negozio, il temuto immigrato dovrà fare un esame di italiano e garantire un’ insegna possibilmenteristorante-cinese-madrid-2 in dialetto, in attesa di una futura e sempre più probabile stella da cucirsi sulla giacca. La grande Milano vedrà dunque una fioritura di cervelèe, ofelèe, trumbèe, barbèe, frutireù, pumpista, pessàt (pescivendolo oppure ristorante di sushi) e butega spurcaciòna (sex shop) per affermare la sua secolare vocazione di metropoli internazionale in vista dell’Espusisiùn Internasiunàl del Quìndes (Expo 2015).

arderei lo mondo

Molto azzeccata la scelta del nome per la nuova joint venturechernobyl-293x300 (traduzione in leghista linguisticamente corretto: “La botèga insèm”) tra italiani e russi per fare centrali nucleari: “Ignitur”, con quella idea vulcanica di ignis, di fuoco e fiamme. Visti i brillanti precedenti dell’energia nucleare in Russia, ci sarà da stare al calduccio.

sabato 24 aprile 2010

Il TERRITORIO e` mio

Tornare a immergersi nella realtà italiana, bucate finalmente le nubi di polvere che c’erano o non c’erano, significa andare a sbattere contro le parole di legno del momento, quelle che improvvisamente diventano parole “cult” che tutti ripetono roboticamente e infilano in ogni discorso.515w6z0QuvL._SL500_AA280_ La parola di moda oggi, dopo il buon risultato elettorale della Lega e la tracotanza dei suoi ras che si parlano addosso ogni giorno, è “territorio”. Rappresentare il “territorio”, legarsi al “territorio”, esprimere il “territorio”, radicarsi nel “territorio”, vivere il “territorio”, organizzarsi sul “territorio”, rapportarsi al “territorio”, naturalmente il nostro “territorio”, tutti corrono verso il “territorio”, guai a chi ce lo tocca. Ma non è proprio il “territorio” quello che gli animali marcano con la pipì? Non è questa nuova fissazione animalistica con il “territorio” l’espressione più torva di un ritorno al peggior stato di natura, quello dal quale cerchiamo di uscire da alcuni millenni, visto che – pare – fatti non fummo a vivere come bestie?

domenica 18 aprile 2010

Emergency : Acque Nere, Sangue Rosso

Quante belle occasioni perdute per stare zitti e per evitarsi figure da caciottari in questi ultimi giorni, da parte di ministri e policanti che odiano Strada e la sua Emergencyimages buttando insinuazionisul lavoro negli ospedali aperti nei peggiori posti del mondo. Chiedere scusa adesso, no vero? Ma il record assoluto di pernacchie spetta a quel Luttwak che in America nessuno, e da tempo, prende più sul serio ma ancora le tv nostre spacciano come grande esperto soltanto perchè evita il fastidio dell’interprete e parla discretamente l’italiano. Le organizzazioni umanitarie finiscono per attizzare quelle guerre che dicono di voler evitare e per causare quei feriti che poi vanno a raccogliere, ha cercato di dire, con una sensazionale faccia di bronzo. Invece quelle organizzazioni di mercenari come la criminale Blackwater, che rastrellano miliardi andando a fare il lavoro sporco e oscuro, a compiere massacri ed esecuzioni che gli eserciti rifiutano di fare, per un paga dieci volte superiore al soldo militare, sono damine della San Vincenzo e crocerossine, vero?

sabato 17 aprile 2010

Piu` lenticchie per tutti . . . .

Deve essere piacevole ed eccitante essere un “finiano” in questi giorni di comica finale o iniziale, vedremo, attorno al Pdl che sta trasformandosi nello stalliere di Bossi. LenticchieAnche il più brocco fra di loro deve sentirsi importante come un Ronaldinho o un Kakà durante il mercato calcistico e il tira-e-molla sui parametri e le paghette. Fossi in loro, mi assumerei un procuratore per strappare l’ingaggio più alto possibile. O spuntano adesso il prezzo più alto, o se si vendono per qualsiasi sottosegratariato al turismo o per uno strapuntino in qualche futura banca della Lega, poi rimpiombano nell’ombra e nell’inutilità. Fattè pagà, come dicheno a Roma.

venerdì 16 aprile 2010

Bossi and Clyde . . . .

Ha ragione Michele Serra quando trova qualcosa di inconsciamente e innocentemente cinematografico, da western o da film di gangster, nella formula usata dal leader della Lega Nord per dire che “ci prenderemo le banche”.bonnie_clyde_465x402 Le banche si prendono perchè, come avrebbe detto un celeberrimo rapinatore americano, Willie Sutton, “i soldi sono lì”. Si obbietta che tutti i partiti, quando in Italia ne hanno avuto la forza, hanno controllato, o cercato di controllare, le banche, in base appunto alla “legge di Sutton”. E’ vero, ma quello che colpisce in questa prepotenza, come nella distribuzione di “cadreghe” pagate coi soldi pubblici a parenti e amici e figli dopo tante vane chiacchiere sulla “meritocrazia”, è notare come questo partito innovatore e diverso si comporti esattamente come i vecchi e peggiori partiti. Speriamo almeno che la Lega, quando avrà affondato bene le mani nel sacco e avrà sistemati tutti i parenti e gli amici, trovi qualche spicciolo anche per pagare la merenda ai bambini degli asili nei comuni leghisti.


giovedì 15 aprile 2010

Meno Tasche per tutti

Uh, oh. Quelli che non vanno a votare perchè “tanto non cambia niente” e “sono tutti uguali” o quelli che votano a destra per pagare in futuro, non subito, pocketsmagari domani, calma ragazzi, alla fine della legislatura, meno tasse, come dal 1994 promettono Bossi e Berlusconi, essendosi limititati a togliere l’Ici alla minoranza di redditi alti che ancora la pagava, faranno bene a NON LEGGERE QUESTA NOTIZIA. Potrebbe dare qualche riflusso gastrico acido. Addendum: nel caso fosse sfuggita ANCHE QUESTA NOTIZIA può interessare, a proposito del “domani si fa credito” e “abbasseremo le tasse”.

La volpe nel pollaio

Molti dei pochi italiani che ancora vanno a votare scelgonoCalderoli.jpeg1 in buona fede Lega Nord credendo di difendersi dai barbari invasori e non si rendono neppure conto di votare per i barbari che già hanno in casa.

martedì 13 aprile 2010

il rompiballe





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Quanto piacerebbe ai nostri guerrieri da talk show, tutti azzimati nelle loro auto blu, grisaglie e cravatte ben annodate, levarsi per sempre dai piedi quel rompiballe di Gino Stradacon i suoi ospedali dove si curano tutti quelli che si presentano, nella folle, demenziale, grottesca, ignobile convinzione che un ospedale serva più di un missile tirato sulla testa per conquistare il cuore e la mente della popolazione. Soprattutto che il governo “democratico” del Paese nel quale si ricuciono pance e teste non sembra più mica tanto democratico e legittimo neppure alla nazione che fino a ieri l’ha puntellato e che lo aveva di fatto insediato.

lunedì 12 aprile 2010

Equita`, sportivita`, prosperita`...ovvero il calcio come parabola e l'economia

Tranquilli, non intendo parlare di calcio, di Roma e Inter, di moggiopoli, gallianopoli o morattopoli o di 4-4-2, ma usare il calcio come apologo (parabola, direbbe Lui, non nel senso dell’antenna). Per la prima volta da anni, ci sono tre squadre in quattro punti a cinque giornate dalla fine, lo sappiamo. L’effetto è ovvio. L’Olimpico di Roma era stracolmo per una partita contro l’umile Atalanta che in altri tempi avrebbe avuto interesse soltanto per le anime morte del tifo a ogni costo. Se questa incertezza dovesse durare fino alla fine, vedremo stadi pieni per incontri altrimenti irrilevanti di fine stagione, come negli anni scorsi, e sicuramente stanno aumentando e aumenteranno gli utenti delle “pay per marchetta” televisive. Morale: basta un poco di equilibrio e un nuovo senso di incertezza sui risultati per stuzzicare l’interesse e aumentare la redditività complessiva del prodotto calcio, che era alla canna del gas, giocato in stadi deserti. Pensate a che accadrebbe se ci fossero oggi cinque o sei squadre compresse in pochi punti e con la possibilità di vincere il triangolino “cache sex” tricolore. L’equità, e la migliore distribuzione della torta fra i partecipanti al gioco, sia esso uno stupidissimo biliardo con i piedi, o sia esso il gioco della vita nazionale, è meglio per tutti, per i grossi e per i meno grossi, per i “grandi” come per i “piccoli”, che beneficiano dell’interesse indiretto. Permettere invece, come ha fatto lo stolto e corrotto mondo del pallone, che la ricchezza fluisca sempre e soltanto verso l’alto, o, come stanno facendo le cosiddette società liberali, dove il fossato fra chi ha e chi non ha si allarga ogni giorno nella illusione che il “mercato” si autoregoli – cosa che non accade mai, se non nelle teorie o dopo colossali trasfusioni di soldi pubblici, dunque dei contributi versati da chi meno ha – sarebbe più utile e profittevole per tutti. L’equità sociale, con governi che intervengano a limitare l’effetto giungla, dove a chi più ha più sarà dato e a chi meno ha più sarà tolto come sta accadendo in Italia, non è soltanto questione di giustizia, ma di utilità e di interesse, i soli veri motivatori efficaci dei comportamenti umani. La teoria reaganiana della ricchezza che sgocciola naturalmente dall’alto verso il basso quando deborda dalla tazza, non funziona. Chi ha, se li tiene. Chi non ha, non può permettersi di giocare quella partita del consumo che è ciò che rende ricchi i ricchi. Come ben sapeva Henry Ford, un’economia industriale di massa non funziona se l’operaio che fabbrica un’auto non guadagna abbastanza per comperarsela. E’ la sensazione che tutti possano concorrere alla vittoria che sorregge il mito del calcio e della democrazia.


giovedì 8 aprile 2010

Presidente sopra la collina, ovvero...bisognava votare prima, protestare adesso non serve

Attesa e scontata agitazione dei soliti noti che rimproverano al presidente Napolitano di firmare le leggi che a loro non piacciono (e pure a me, come questa monnezza dell’impedimento, la prima di una lunga discarica tossica che ci attende sotto il nome di “riforme” fanno orrore, vivendo negli Stati Uniti dove puntualmente la Corte Suprema ricorda al presidente che nessuno gode di nessuna immunità, neppure temporanea). Forse potrebbe essere utile ricordare che questo Parlamento che vomita simili sconcezze è stato eletto, e in Italia la sovranità, anche quando si tratta di un semplice consesso di eunuchi a disposizione del califfo che agitano i flabelli quando lui suda), è sovrano. Il presidente non è un arbitro che possa annullare i gol o espellere i giocatori più ripugnanti e forse prima di accusarlo di non difendere la Costituzione si potrebbe provare a leggerla e a vedere quali sono le sua prerogative. Provate a prendervela con coloro che non hanno dato forza all’opposizione, preferendo sparpagliarsi come le farfalle tra un fiore e l’altro, se proprio volete arrabbiarvi e a ricordare che Napolitano rappresenta anche quella maggioranza di italiani che hanno votato Bossi, il figlio asino ripetente ed eletto, Berlusconi, Cota (vero Grillo?) e, con licenza parlando, Cicchitto. Comunque, un po’ di pazienza. Ancora qualche anno è presidente sarà SB, con tutti quei bei poteri che Napolitano non ha, così saranno contenti quelli che immaginano il Quirinale oggi come il Palazzo Reale.

martedì 6 aprile 2010

Biglietto lasciato prima di non andare via

Se non dovessi tornare
sappiate che non sono mai partito
il mio viaggiare
è stato tutto un restare
qua, dove non fui mai

Giorgio Caproni

giovedì 1 aprile 2010

Sedurre: condurre altrove. Il viaggio come seduzione

"Nessun apprendimento evita il viaggio. Sotto la direzione di una guida l'educazione spinge all'esterno. Parti: esci. esci dal ventre della madre, dalla culla, dall'ombra che scende dalla casa del padre e dai paesaggi giovanili. Al vento, alla pioggia: fuori mancano i ripari. Le tue idee iniziali ripetono solo parole antiche. Giovane: vecchio pappagallo. Il viaggio dei fanciulli, ecco il senso essenziale della parola greca pedagogia. Apprendere dà inizio all'erranza. Esplodere in brandelli per avviarsi su un cammino dall'esito incerto richiede un eroismo di cui soprattutto l'infanzia è capace: una infanzia che, per lo più, bisogna sedurre per poter insegnare. Sedurre: condurre altrove. Sviare dalla direzione chiamata naturale. Per l''altrove. Queste sono le tre prime estraneità, le tre variazioni dell'alterità, tre primi modi di esporsi. Perché non c'è apprendimento senza esposizione, spesso pericolosa all'altro. Non saprò mai più chi sono, dove sono, donde vengo, dove vado, per dove passare. Mi espongo all'altro, all'estraneità." Michel Serres, Il mantello di arlecchino