martedì 21 settembre 2010

E' mestiere del vivere

E' mestiere del vivere
di Silvia Bre

E' mestiere del vento alzare vele -
Ma noi possiamo scegliere il colore,
il loro verso, la gioia di resistere e che muove
dell'albero maestro - fermo,
con le radici nel bene della terra -
e che ci porta vivi
in pochi amici, come dopo una guerra


domenica 19 settembre 2010

Apologo sull'onesta` nel paese dei corrotti

Riporto qui un brano di Italo Calvino tratto da Romanzi e racconti – volume 3°, Racconti e apologhi sparsi, i Meridiani, Arnoldo Mondadori editore. Venne pubblicato su Repubblica, il 15 marzo 1980, col titolo “Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti”. 



C’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, ne’ che il sistema politico non fosse basato su principi che tutti piu’ o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perche’ quando ci si abitua a disporre di molti soldi non si e’ piu’ capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere solo illecitamente, cioe’ chiedendoli a chi li aveva in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in cambio di favori, in genere gia’ aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo di una sua autonomia. Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perche’ per la propria morale interna, cio’ che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito, anzi benemerito, in quanto ogni gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalita’ formale, quindi, non escludeva una superiore legalita’ sostanziale. Vero e’ che in ogni transazione illecita a favore di entita’ collettive e’ usanza che una quota parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento e mediazione: quindi l’illecito che, per la morale interna del gruppo era lecito, portava con se’ una frangia di illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene, il privato che si trovava ad intascare la sua tangente individuale sulla tangente collettiva, era sicuro di aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del tornaconto collettivo, cioe’ poteva, senza ipocrisia, convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma benemerita. Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale, alimentato dalle imposte su ogni attivita’ lecita e finanziava lecitamente tutti coloro che lecitamente o illecitamente riuscivano a farsi finanziare. Poiche’ in quel paese nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta, ma neppure a rimetterci di suo (e non si vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse), la finanza pubblica serviva ad integrare lecitamente in nome del bene comune i disavanzi delle attivita’ che sempre in nome del bene comune si erano distinte per via illecita. La riscossione delle tasse, che in altre epoche e civilta’ poteva ambire di far leva sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza di atto di forza (cosi’ come in certe localita’ all’esazione da parte dello Stato si aggiungeva quella di organizzazioni gangsteristiche o mafiose), atto di forza cui il contribuente sottostava per evitare guai maggiori, pur provando anziche’ il sollievo del dovere compiuto, la sensazione sgradevole di una complicita’ passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il privilegio delle attivita’ illecite, normalmente esentate da ogni imposta.
*
Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva di applicare le leggi, provocando piccoli terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino ad allora le loro ragioni per considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziche’ di soddisfazione per la rivincita della giustizia, era il sospetto che si trattasse di un regolamento di conti di un centro di potere contro un altro centro di potere. Cosi’ che era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche nelle guerre tra interessi illeciti oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e di interessi illeciti come tutti gli altri. Naturalmente, una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale, che coi sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche si inserivano come un elemento di imprevedibilita’ nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita. In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che usavano quegli stessi metodi di finanziamento della tradizione fuorilegge e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le categorie di cittadini illustri e oscuri si proponevano come l’unica alternativa globale del sistema. Ma il loro effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile e ne confermavano la convinzione di essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla. Cosi’ tutte le forme di illecito, da quelle piu’ sornione a quelle piu’ feroci, si saldavano in un sistema che aveva una sua stabilita’ e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto, dunque, dirsi unanimemente felici gli abitanti di quel paese se non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti.
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Erano, costoro, onesti, non per qualche speciale ragione (non potevano richiamarsi a grandi principi, ne’ patriottici, ne’ sociali, ne’ religiosi, che non avevano piu’ corso); erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso, insomma non potevano farci niente se erano cosi’, se le cose che stavano loro a cuore non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi che collegano il guadagno al lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione di altra persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto, gli onesti erano i soli a farsi sempre gli scrupoli, a chiedersi ogni momento che cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri, indignarsi, predicare la virtu’ sono cose che riscuotono troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in mala fede. Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per se’ (o almeno quel potere che interessava agli altri), non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se tenute piu’ nascoste; in una societa’ migliore non speravano perche’ sapevano che il peggio e’ sempre piu’ probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che, cosi’ come in margine a tutte le societa’ durate millenni s’era perpetuata una controsocieta’ di malandrini, tagliaborse, ladruncoli e gabbamondo, una controsocieta’ che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare "la" societa’, ma solo di sopravvivere nelle pieghe della societa’ dominante ed affermare il proprio modo di esistere a dispetto dei principi consacrati, e per questo aveva dato di se’ (almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera, allegra e vitale, cosi’ la controsocieta’ degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversita’, di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo modo magari avrebbe finito per significare qualcosa di essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che le parole non sanno piu’ dire, di qualcosa che non e’ stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’e’.

Italo Calvino

In questo giorno, 25 anni fa moriva a causa di un ictus Italo Calvino, a mio modesto (modestissimo) parere uno dei narratori piu` importanti del dopoguerra. Personalmente sono legato a tantissimi dei suoi romanzi, ma soprattutto al suo (e mio, perche il romanzo e` di chi lo legge.....) Il Barone Rampante.

....L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio........




sabato 18 settembre 2010

don Lorenzo Milani

Se e` vero, come e` stato sostenuto, che siamo disposti a chiamare nostri maestri quei personaggi che ci sembra dicano finalmente cio` che sentiamo di avere avuto da tempo sulla punta della lingua, ma che siamo stati del tutto incapaci di esprimere, coloro che mettono in parole quelli che per noi sono solo movimenti, tendenze e impulsi della mente appena abbozzati, allora sono oltremodo felice di riconoscere Don Lorenzo Milani come mio maestro o, almeno, uno dei miei maestri.

...Per es. "atea" per me e` la frase: "noi non vogliamo cambiamenti se non avremo la sicurezza che i poveri ci gudagnano". A me invece non importa proprio nulla che i poveri ci guadagnino (questo fatto non ha infatti nessun peso per la venuta del regno), mi importa solo che gli uomini smettano di peccare. E l'ingiustizia socilae non e` cattiva (per me prete) perche` danneggia i poveri, ma perche` e` peccato cioe` offende Dio e ritarda il suo Regno. (E` la ricchezza e non la poverta` che e` un'offesa a Dio).



venerdì 17 settembre 2010

Fernando Pessoa

Ma io, sempre estraneo


Ma io, sempre estraneo, sempre penetrando
il più intimo essere della mia vita,
vado dentro di me cercando l’ombra.



Giorgio Caproni

Biglietto lasciato prima di non andare via

Se non dovessi tornare
sappiate che non sono mai partito
il mio viaggiare
è stato tutto un restare
qua, dove non fui mai




sabato 4 settembre 2010

Totani ripieni

Quello in Korea e` per me un tempo di cucina. Oltre al fatto che la cucina di mia suocera e` funzionale e ben tenuta, qui ho tempo a disposizione per sbizzarrirmi e provare ricette nuove.
Ecco l'ultima.......totani ripieni......



venerdì 3 settembre 2010

Ricetta: Pasta tonno e piselli

Ecco una ricetta veloce e gustosa che ho provato in questi giorni......buon appetito

giovedì 2 settembre 2010

Il bene, il male, come possiamo riconoscerli?

Mi piace molto Erri de Luca, Napoletano e filosofo. Posto qui sotto un suo pensiero che risponde alla domanda che da il titolo a questo post:


Difficile compito, visto che l'albero della conoscenza del bene e del male era uno solo, i suoi frutti salivano dalle stesse radici. Compito difficile, ma degno della nostra condizione di esseri umani. Conosco una sola regola di comportamento efficace, di non fare agli altri quello che non vorresti facessero a te.