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sabato 30 gennaio 2010
La giustizia sono me
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Bugie e statistiche
Nel botta e risposta fra i vescovi italiani e la Lega sul rapporto fra immigrati e crimine, indicato anche da Berlusconi in vista delle elezioni regionali (allacciarsi le cinture, attraverseremo turbolenze di sparate, annunci, promesse, botti e ‘domani si fa credito) i carrettieri del Carroccio ricordano che il 40% dei detenuti nelle nostre carceri è straniero. Memori del monito di Mark Twain, secondo il quale le statistiche erano la forma più alta di menzogna, guardiamo da vicino questa cifra, ammesso che sia vera (mai fidarsi delle cifre troppo rotonde).
1) Il 40% dei detenuti non significa il 40% dei reati. Significa soltanto che sono stati arrestati, processati e condannati a pene detentive più non italiani che italiani, certamente perchè è più facile mandare in galera un albanese pizzicato magari in flagrante delicto, e difeso in qualche modo, di un dirigente di una banca o di un’azienda che ha sparecchiato milioni dei clienti o dipendenti. Come ha dimostrato il caso di Alberto Stati, oggi querelato dai suoi primo avvocati, non tutti possono permettersi una parcella di 81 mila euro soltanto per un mese di patrocinio, per restare fuori dalla galera.
2) La percentuale non indica di quali reati siano stati riconosciuti colpevoli e quali pene debbano scontare. Un condannato per spaccio di droga o per furto d’auto è giustamente in carcere, ma non è la stessa cosa di uno che ha compiuto una strage di mafia o che ha fatto a pezzi e bruciato una famiglia. I reati, come le azioni, non si contano, si pesano.
La classica statistica alla carlona buttata negli occhi, che nasconde molto più di quello che dice.
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1) Il 40% dei detenuti non significa il 40% dei reati. Significa soltanto che sono stati arrestati, processati e condannati a pene detentive più non italiani che italiani, certamente perchè è più facile mandare in galera un albanese pizzicato magari in flagrante delicto, e difeso in qualche modo, di un dirigente di una banca o di un’azienda che ha sparecchiato milioni dei clienti o dipendenti. Come ha dimostrato il caso di Alberto Stati, oggi querelato dai suoi primo avvocati, non tutti possono permettersi una parcella di 81 mila euro soltanto per un mese di patrocinio, per restare fuori dalla galera.
2) La percentuale non indica di quali reati siano stati riconosciuti colpevoli e quali pene debbano scontare. Un condannato per spaccio di droga o per furto d’auto è giustamente in carcere, ma non è la stessa cosa di uno che ha compiuto una strage di mafia o che ha fatto a pezzi e bruciato una famiglia. I reati, come le azioni, non si contano, si pesano.
La classica statistica alla carlona buttata negli occhi, che nasconde molto più di quello che dice.
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venerdì 29 gennaio 2010
Al cittadino non far sapere
Basta con gli sceneggiati sulla Mafia, ci esorta paterno Berlusconi dopo le figure da caciottaro che lui, le sue avventurette e i suoi uomini ci fanno fare nel mondo divenendo oggetti di ridicolo e di satira ovunque, per non sporcare l’immagine dell’Italia nel mondo. Bravo il nostro impresario di TV private e lord protettore delle Tv pubbliche. Inviare subito un ukaz alle proprie aziende, ai direttori di sedicenti giornali e ai presidenti in ginocchio. L’Unione Sovietica fece di meglio: eliminò addirittura gli incidenti d’auto, le sciagure aeree, i delitti contro le persone, per non parlare delle mafie che a Mosca, a Tbilisi, a Erevan, ovunque imperversavano trafficando in tutto il trafficabile – come poi scoprimmo appena si sollevò il sudario del silenzio – cancellandoli dai media del regime. In Urss nessuno moriva ammazzato, nessun treno deragliava, nessun guidatore ubriaco falciava passanti, nessuno rubava. Come dice l’antico dilemma Zen: se un albero cade nella foresta e nessuno lo sente cadere, è caduto? Gli abitanti di Palermo, di Napoli, di Reggio Calabria scopriranno che le mafie non esistono, quando si smetterà di raccontarle? E non è l’omertà, cioè la bocca chiusa, esattamente quello che i picciotti vogliono?
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giovedì 28 gennaio 2010
Se berlusconi avesse lu Mare....
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mercoledì 27 gennaio 2010
Nella stia delle donne
Ecco, per esempio, una cosa di sinistra che la sinistra italiana potrebbe dire: no, come in Francia, a quella orripilante stia da polli dentro le quali alcune donne sono ingabbiate per volontà dei loro uomini, interiorizzata e subita, e che non ha nulla che vedere nè con l’espressione della propria pietas o della propria fede, riservata dai mussulmani al velo, che anche tante delle nostre nonne portavano invariabilmente quando uscivano di casa fino a non moltissimi anni or sono. Il burqa non c’entra nulla con la integrazione, con la multietnicità, con l’ospitalità, con la diversità, con le moschee, con quel rispetto per le donne che noi abbiamo perduto da tempo, donne incluse che si sgomitano per umiliarsi davanti alle telecamere (spesso, e lo sappiamo tutti benissimo senza aspettare le intercettazioni telefoniche, telecamere da letto). E’ un insulto a tutti e gli insulti vanno respinti.
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La Cina è vicina
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lunedì 25 gennaio 2010
Qui, Radio Mosca (considerazioni sul TG1)
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domenica 24 gennaio 2010
Il Bruneta in gondoeta
Fame capir ben, Bruneta, ciò. Dopo avere matenuto i miei figli per 18 anni, aver pagato per i loro pannolini, i ciucciotti, i diplomi e i titoli, gli sciroppini per la tosse, i vestiti, la bici, il motorino e le contravvenzioni, dopo avere speso per il loro matrimonio, averli aiutati a comperare la casa, essermi incazzato come una biglia quando non si faceva trovare ai telefonini che naturalmente avevo pagato io, avere pagato per le inutili vacanze studi due settimane a Londra e averli mantenuti durante l’Orgasmus, adesso dovrei tassarmi e togliere 500 Euro dalla pensione maturata dopo 40 anni di contributi, per mandarli fuori di casa? E se dico di no, sono un vecchio rottame egoista del sindacalismo di sinistra marxista-stalinista-maoista? Ma va in mona, va.
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sabato 23 gennaio 2010
Berlusconi Dadaista
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venerdì 22 gennaio 2010
Lunga è la notte, brutto il film
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mercoledì 20 gennaio 2010
Dedicata a Brunetta
Arnaldo Fusinato
L'ultima ora di Venezia
5 | in solitaria malinconia ti guardo e lagrimo, Venezia mia ! Fra i rotti nugoli |
10 | dell'occidente il raggio perdesi del sol morente, e mesto sibila per l'aria bruna |
15 | l'ultimo gemito della laguna. Passa una gondola della città: - Ehi, della gondola, |
20 | qual novità ? - - Il morbo infuria il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca ! - |
25 | No, no, non splendere su tanti guai, sole d'Italia, non splender mai ! E su la veneta |
30 | spenta fortuna si eterni il gemito della laguna. Venezia ! L'ultima ora è venuta; |
35 | illustre martire, tu sei perduta ... Il morbo infuria, il pan ti manca, sul ponte sventola |
40 | bandiera bianca ! Ma non le ignivome palle roventi, né i mille fulmini su te stridenti, |
45 | troncâro ai liberi tuoi dì lo stame ... Viva Venezia ! muore di fame ! Su le tue pagine |
50 | scolpisci, o storia, l'altrui nequizie e la sua gloria, e grida ai posteri: - Tre volte infame |
55 | chi vuol Venezia morta di fame ! - Viva Venezia ! L'ira nemica la sua risuscita |
60 | virtude antica; ma il morbo infuria, ma il panm ci manca ... sul ponte sventola bandiera bianca ! |
65 | Ed ora infrangasi qui su la pietra, finché è libera questa mia cetra. A te, Venezia, |
70 | l'ultimo canto, l'ultimo bacio, l'ultimo pianto ! Ramingo ed esule in suol straniero, |
75 | vivrai, Venezia, nel mio pensiero; vivrai nel tempio qui del mio core come l'immagine |
80 | del primo amore. Ma il vento sibila ma l'ombra è scura, ma tutta in tenebre è la natura: |
85 | le corde stridono, la voce manca ... sul ponte sventola bandiera bianca ! Arnaldo Fusinato |
Poesie
Lapsus satanicus
Cupo in volto, nonostante il voto del Senato per la ennesima legge su misura con rinforzo al cavallo che gli toglierà i marroni dal fuoco, San Silvio Martire ci informa, dalla penombra della sua automobile attraverso i funzionari del Minzculpop, che sottoporsi ai processi equivale ad “affrontare un plotone di esecuzione” ed entrare nei “gironi infernali”. Il mio catechismo non è impeccabile, ma all’Inferno non ci dovrebbero essere le anime già processate e condannate in via definitiva dalla Mistica Cassazione? E come si fa a fucilare un’anima dannata? Con una pistola ad acquasanta? Attenzione a pasticciare con le metafore, Vostra Beatitudine. A volte suonano come lapsus autorivelatori, se non come pure belinate.
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lunedì 18 gennaio 2010
Craxi lotta con noi
Nella lettera di Napolitano alla vedova Craxi c’è un capoverso che alla nostra solita fretta di indignarci, di scandalizzarci o, da parte degli eredi del craxismo, di applaudire, sembra sfuggire, nella sua enorme gravità. La frase è questa: ” Si deve invece parlare di una persistente carenza di risposte sul tema del finanziamento della politica e della lotta contro la corruzione nella vita pubblica. Quel tema non poteva risolversi solo per effetto del cambiamento (determinatosi nel 1993-94) delle leggi elettorali e del sistema politico, e oggi [....] si è ancora in attesa di riforme che soddisfino le esigenze a cui ci richiama la riflessione sulle vicende sfociate in un tragico esito per l’on. Bettino Craxi”. Tradotto dal politichese e dal presidentese, questo passaggio vuole ricordarci che l’ordigno infernale del finanziamento dei partiti ancora è in piena azione e la condanna di Craxi, insieme con tutto il polverone di Tangentopoli, non mai ha risolto il problema che sta alla base di tutto e che preferiamo non vedere, se non nei partiti degli altri: chi paga, e in che modo, i costi della politica, a destra come a sinistra o al centro, per i micropartitini come i mega partiti azienda? Il problema non è stabilire se Craxi fosse stato o meno un corrotto/corruttore, domanda alla quale ha già risposto la magistratura in via definitiva, o se lo facessero tutti, argomento che non ha mai nessun valore essendo la responsabilità politica e penale sempre individuale nelle nazioni civile, ma sapere quanti Craxi ci siano oggi, in ogni partito e in piena attività, anche in quelli che strepitano contro la corruzione altrui.
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mercoledì 13 gennaio 2010
Il Minzculpop in concert
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martedì 12 gennaio 2010
Sdare bene solo al Gongo
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martedì 5 gennaio 2010
La mutanda del terrore
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Presidente, ora basta
Nell’estate del 1974, quando gli Stati Uniti stavano sprofondando in una crisi costituzionale spaventosa creata da Richard Nixon, dai suoi tentativi di sottrarsi alle inchieste della magistratura e di collocarsi al di sopra della legge inventandosi un’immunità presidenziale che la Corte Suprema (senza comunisti) avrebbe respinto, furono i “grandi vecchi” del suo stesso partito, rappresentati dal senatore Barry Goldwater, a muoversi. Andarono a dirgli che era arrivato il momento di dimettersi, per il bene della Nazione e del partito stesso. Nixon, che era stato eletto democraticamente e largamente dai cittadini, si piegò, ottenendo in cambio dal vice Gerald Ford che gli sarebbe succeduto alla Casa Bianca il “perdono”, cioè l’immunità da ogni futuro procedimento penale. Il sistema America ne uscì rafforzato e lo stesso partito repubblicano, dopo avere pagato per quattro anni il prezzo dello scandalo perdendo la Casa Bianca a favore di Carter, tornò più forte di prima, portando Ronald Reagan al potere per otto anni. Tra lo stravolgimento della Costituzione, sulla quale si regge la identità e la convivenza di una nazione e il sacrificio temporaneo del potere, i Repubblicani americani scelsero il secondo e ne furono premiati. Ogni riferimento a fatti o persone italiani attuali è del tutto casuale. Purtroppo.
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lunedì 4 gennaio 2010
L’uomo dell’anno (1960)
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Il giorno più corto
E’ trascorso un mese dal glorioso NO-B Day, sulla cui efficacia mi ero permesso di esprimere qualche rispettoso e amichevole dubbio, a parte il piacere della festa de noantri giovani e l’apoteosi della bloggocrazia. B sta sempre lì, dopo avere avuto il nasino riparato da un bravo falegname (la battuta non è mia), festeggia l’anno nuovo al fianco di una biancofiorellina atesina ben intortata e la carovana dei no-B mi sembra generalmente, fra grillini, dipietrini, casini, astenutini, vendolini, dalemini, lettini, bersini, blogghini, etc etc, avviata a una trombatura biblica alle regionali di marzo, mentre i padroni della melonera si dividono i cocomeri prima ancora di averli comperati, bisticciando per la fetta più grossa dall’Alpi a Pantelleria. Naturalmente, per colpa degli altri (indicare a piacere chi “gli altri” siano). Non potendo votare alle regionali, per mancanza di residenza in Italia e per la mia condizione di extracomunitario, guardo con un certo distacco l’ennesimo autosbudellamento (seppuku) della cosiddetta sinistra. Lunga è la strada, breve la giornata. “The woods are lovely, dark and deep/But I have promises to keep/ And miles to go before I sleep/And miles to go before I sleep” (Robert Frost). (Bello è il bosco, buio e profondo/ ma io ho promesse da non tradire/ miglia da fare prima di dormire/ miglia da fare prima di dormire). Una piccola licenza poetica multilinguistica prima di sprofondare nella prosa degli insulti.
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Se la privatizzazione ci priva dei servizi
domenica 3 gennaio 2010
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